Architetto o curatore?
Essere architetto letteralmente significa esercitare
l’architettura. Per architettura s’intende l’arte e la tecnica di ideare e
costruire edifici.
Non sempre però ci rivolgiamo all’architetto per progettare un nuovo edificio. Molto spesso chiediamo aiuto ad un professionista per restaurare dimore antiche ed ecco che la figura dell’architetto diventa anche curatore.

Non cura solo i muri, architravi, pietre e mattoni, gettate di cemento, travi su cui poggiare capitelli delle colonne. Studi per scaricare i pesi degli elementi sovrastanti, tutto volto al fine di recuperare quell’armonia che sembrava ormai perduta. Le case non sono solo agglomerati di materiali, ma racchiudono l’anima di chi le ha vissute o le vive, ecco perché ritengo che la figura dell’architetto possa definirsi anche curatore.

Come un
direttore d’orchestra che dirige i musicanti fra arpeggi e solfeggi, così il
curatore indica dove porre l’attenzione ad un particolare arco o ad un
seminterrato da recuperare. Dare linfa vitale ad immobili è la missione
prioritaria di questo lavoro.
Ho visto rinascere fabbriche abbandonate, cortili che
sembravano morti rivivere con nuovi ciottoli e un ruscello centrale illuminato
ai bordi per rendere lo scorrere dell’acqua ancora più vivo anche la notte.
Scalinate che sembrano volute come ventagli o ruote di un pavone. Mancorrenti
semplici ma robusti. Insomma tutto quello che viene progettato per farci stare
meglio, per farci trovare la serenità che ci avvolge quando varchiamo la soglia
di casa. La stessa piacevolezza che possiamo sentire quando entriamo in una
camera d’albergo curata nei minimi particolari o in una sala da pranzo che già
invita le nostre papille al consumo del pranzo/cena. Fenomeni ottici come
rifrazione della luce attraverso vetrate, curatori d’interni, dove un arco
sesto acuto porta il nostro pensiero verso la volta celeste.
Sono sempre ammaliata dai restauri, sono sempre stupita dalle vette conquistate dai piani di un nuovo edificio. Costruire grattacieli storti o con figure stralunate.
Ogni espressione umana è arte.


L’uomo ha una
mente estremamente ricca d’idee e certamente nulla può fermare questo fermento.
L’IA non riuscirà mai a superare l’uomo perché è una macchina a cui manca
l’anima. Elemento imprescindibile, argano trainante in ogni campo in cui si
operi. E la fantasia? Non possiamo scordarla. Essa fa parte di noi, è la nostra
impronta.
È impressionante quanto conti. È la garanzia che ci
distingue, che ci porta alla commozione o ci scuote.
Intrisi di fantasia o prettamente razionali con la matematica che detta la via da seguire nei calcoli, l’architetto ha un “imprimatur” nascosto in sé. È l’assenso nel fare, nel raggiungere quel progetto, nell’impreziosire in maniera durevole un manufatto, lasciando la sua orma, il suo segno che lo distingue e lo rende riconoscibile ai più.







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