venerdì 20 dicembre 2024

PICCOLA FIABA

 


Piccola fiaba.

 

Il calendario, lungo ben 365 giorni e ogni tanto ricco di un giorno in più, era stanco a fine anno.

C’era chi gli staccava un foglio ogni giorno, c’era chi gli cerchiava i giorni e lo copriva di appunti e poi girava il foglio ogni mese e infine c’era chi non lo guardava proprio mai.

Era sempre appeso, a volte in cucina, a volte in corridoio e d’estate quando tutte le porte erano aperte cadeva spesso perché il vento riusciva a buttarlo giù, staccandolo dal suo chiodo. Si sentiva un oggetto muto ma avrebbe voluto tanto parlare. Già, se avesse potuto parlare… cosa avrebbe voluto dire a questi umani?

Per magia, nella notte di Santa Lucia il calendario si accorse di poter parlare. Dapprima si schiarì la voce, poi sbadigliò e infine cominciò a dire tutto quello che aveva in cuore e nella mente.

Certamente le sue parole erano crude e dure, perché vedeva intorno a sé gli anni passare inesorabilmente e nessuno che rispettava mai i buoni propositi che ogni fine anno si proponeva. Tutti indaffarati a fare, fare, fare. Ma possibile che non si rendessero conto che dopo il fare non c’era più niente? Non c’era posto per amare, non c’era posto per consolare, non c’era posto per farsi compagnia, ascoltare ecc.

Il calendario snocciolò tutte le mancanze che la gente continuava a “fare”. Il sermone durò tutta la notte. Peccato che tutti dormivano e nessuno ebbe modo di sentirlo e prestargli attenzione.

Il mattino seguente la magia era finita. La voce era scomparsa, nulla era valso per aiutare, ma forse nulla era perduto, perché la magia tramutò le parole in uno scritto e lo pose sull’ultima pagina del calendario.  Il primo gennaio, quando tutti andarono a sostituire il calendario vecchio con quello nuovo, trovarono una incredibile lettera che li fece riflettere. Così promisero al muto calendario che avrebbero d’ora in poi ascoltato di più i loro cuori; in fondo era una cosa semplice, dare spazio agli altri anche regalando un sorriso, che non costa nulla, ma è un messaggio che aiuta a passare quella che era solo una giornata, in una splendida giornata.

martedì 1 ottobre 2024

FAVELLA je t'aime

 


Favella je t’aime.


Era dunque destino che avessi molta favella? Ma non è della mia facilità di dialogo che vi voglio dire.

È di Favella che vi voglio brevemente raccontare.

Lì ci sono le mie origini.

Un piccolo paese fortunato. Altezza 950 mt. e quindi già mezza bellezza. Poco abitato ormai, ahimè. Come tutti i luoghi lontani dalle città, gli abitanti si sono trasferiti in pianura, vicino ai posti di lavoro e a Favella sono rimaste solo le case. 


Antiche dimore. Alcune, che conservano il fascino delle pietre con cui sono state costruite, delle porte di legno massiccio brunite dal tempo trascorso, con le porte e finestre un po’ malandate, e i tetti con tegole a scacchi quando mancano.

Coloro che ci hanno preceduto, amavano questo luogo e gli animali del bosco a tal punto, che esiste ancora una porta di un fienile con l’incavo per la volpe o il tasso, affinché potesse trovare riparo nei giorni di gelo.

Vicino a Favella, ci sono due frazioni: Tabone e l’altra di nome Ciacià, come il ballo.

Alla gente di un tempo dopo aver trascorso la giornata al lavoro nei campi o seguendo nei prati le loro greggi, piaceva trovarsi la sera dopocena nelle stalle dove si raccontavano le storie. Erano fantastici racconti che narravano della notte dei tempi quando le fate dovevano combattere le malefiche streghe. Esistono ancora oggi, nella memoria di chi sa, degli angoli in cui la pelle ti si rabbrividisce se passi di lì. Anche i boschi vicino a Favella sono stati campi di battaglia dell’oltre.



 Ora invece puoi trovare alberi che mostrano le loro radici, 

o alberi che prendono vita con le sembianze di orso,







o alberi a testa in giù. 

Ma ovunque volgi lo sguardo senti il profumo della menta piperita o l’intenso odore dell’edera che ricama volute sugli alberi più in là.





Il bosco è da vedere. È da vivere.

 A volte ci troviamo anche noi a testa in giù come questo albero che si trova in bilico fra altri, è suppergiù come noi quando pensiamo di essere gambe all’aria senza più motivazioni. Poi esuberanti radici li circondano e ne restano avvinghiati come dentro una fitta rete, e loro sono come noi, quando l’amore ci avvinghia e ci pervade.

Se volete provare anche voi queste sensazioni, non vi resta che venire in gita qui. Sicuramente resterete ammaliati. Non vi ho fotografato il paese di proposito, perché sarete voi i pionieri. Vi dico solo che abbiamo in tutto tre acquedotti. Fonti sorgive ci contraddistinguono e alle fontane potrete dissetarvi se la calura si farà sentire, se invece arriverete nel bianco inverno, troverete ghiaccioli pendenti come stalattiti dai tetti e nelle fontane vi potrete specchiare.

Sarebbe bello che anche voi vi innamoriate di Favella a tal punto da volerci abitare. Le campane delle nostre due chiese suonerebbero a festa e faremmo baldoria, cibo e vino ne abbiamo sempre. E adesso abbiamo anche la fibra per essere sempre connessi col resto del mondo. Ma per me e per molti, il nostro mondo è qui. Con i nostri ricordi di quando eravamo bambini, con le amicizie dell’adolescenza che perdurano ancor oggi, con la magia e con l’arte che ci distingue.

Favella je t’aime.


Germana Blandin Savoia

1 Ottobre 2024







mercoledì 25 settembre 2024

Oggi tocca a me, essere intervistata.


Oggi tocca a me, essere intervistata.

Va detto subito che non è di oggi, né di ieri, è leggermente datata, risale all’8 giugno 2022. L’ho tenuta in serbo perché volevo vedere se rileggendo le risposte, ero ancora dell’opinione rilasciata allora. Ebbene sì. Posso assicurarvi che se Elisa Averna oggi formulasse quelle domande, le risposte sarebbero uguali.

Elisa Averna è una brava scrittrice e non solo questo. Lavora come una dannata, perché crede in ciò che fa, e io l’ammiro per il suo coraggio e determinazione. Con i suoi libri si respira un’aria diversa che ti cattura e pervade, ma ti lascia ancora spazio al tuo immaginario.

Ma adesso veniamo a me. 




Le domande sono scritte in nero, le mie risposte in fucsia. L’ho esplicitamente chiesto all’intervistatrice.

 

Chi si nasconde dietro l’autrice? Puoi parlarci un po’ di te, delle tue passioni e dei tuoi interessi?

Domanda insidiosa …direi. Provo a tracciare un ritratto fatto di pennellate fucsia che non nascondono nulla al lettore, perché sono così come mi vedi. Esplosiva, vulcanica, piena di gioia per lo studio, contenta dei successi degli altri. Ammiro i giovani che hanno voglia di studiare, che hanno le idee chiare sul loro futuro.


Anch’io ero come loro, sempre alla ricerca di qualcosa che mi piacesse e mi facesse stare bene. E continuo ad esserlo peraltro. Cos’è, ti chiederai? Leggere di tutto, di molti. Andare per mostre d’arte, dove impari anche la storia, perché di fronte ad un’opera devi capire anche perché è stata dipinta così. Quando è stata dipinta? Il contesto che la circonda influenza lo stato d’animo dell’esecutore e quindi l’opera subisce il momento storico.

Altri interessi?




Viaggiare. Incontrare culture diverse, poter parlare con gli altri. Il mio piccolo bagaglio d’inglese mi ha sempre permesso una moltitudine di possibilità. Per questo credo fermamente che lo studio rende liberi!

Ti racconto una curiosità: da piccola mi creavo le parole crociate. Una cosa leggermente diversa dalle altre bambine. Ma io sono così, come dice la canzone sono leggermente complicata. Però mi piaccio così!

Se dovessi raccontarti con un quadro, quale quadro sceglieresti e perché?

Un quadro? Che mi rappresenti? Non saprei. Non posso vantarmi di essere uno nessuno e centomila, sicuramente ogni giorno è una rappresentazione della vita diversa da quella appena vissuta. Potrei oggi essere l’Arlecchino di Picasso, o San Pietro crocifisso a testa in giù del Caravaggio. 

Potrò invece domani essere quel gatto sull’uscio di Balthus, 

o la Dama con l’ermellino



Magari dopodomani sarò una scimmietta di Frida, chi lo sa?

L’arte ci attraversa, ci pervade come la musica, come la matematica che è la metrica ad esempio dei sonetti, e i numeri sono i miei e i tuoi nei nostri giorni.

“Non comprate la casa all’ombra della croce, sul lago” è il tuo romanzo breve edito da Edizioni il Ciliegio. Ci vuoi raccontare qualche aneddoto legato ad esso? Com’è nata questa storia? Dove hai tratto ispirazione?

Perché ho scritto questo noir? Perché scrivo? Mi è obbligo farlo. Perché chi non c’è, ma c’è, mi chiede di parlarne. Chi sono io per sottrarmi a tale richiesta?


La protagonista è Brunilde, e lei è un mistero, pertanto non posso parlare del perché ho scritto di lei e cosa mi è capitato nei 40 giorni di stesura e le singolarità degli eventi successivi.

Resta il fatto che non tutti gradiscono si parli troppo, con o senza aneddoti e Brunilde è una di queste.

Sì, forse una cosa mi è consentita: nello stesso anno e pressappoco stessi mesi, un altro scrittore si è cimentato in un romanzo con la protagonista dal nome Brunilde. Ebbene ha avuto guai seri, ma per privacy non posso dirti.

Che tipo è Brunilde?

Devi leggere il libro per scoprirlo.

Se dovessi regalare un fiore a Brunilde, che cosa le regaleresti e perché?

Un fiore per Brunilde? Uno non basta per lei. La omaggerei con un fascio di Rose di Madrina, e orchidee ibride che non sono ancora state create, ma si sa le Fate lo possono fare!


C’è un personaggio nel tuo romanzo con il quale “hai litigato”? un personaggio ribelle nei tuoi confronti della tua penna? E se sì, alla fine che ha vinto, tu o lui/lei?

Non litigo mai con i miei personaggi. Loro sono ologrammi viventi che si presentano a me e mi raccontano tanto, della vita, degli amori, degli amici, insomma di tutto quello che hanno bisogno di dirmi. E quando termina il libro, si ripiegano su sé stessi e tornano nelle pagine dove li ho collocati. Loro sono emersi dai pensieri miei, con un corpo e un’anima forse. Ora però solo quando i lettori sfoglieranno i libri essi si ergeranno a raccontare di nuovo.

Se magicamente la tua Brunilde apparisse davanti a te, che cosa le diresti o chiederesti?

Brunilde non mi appare perché lo ha già fatto quando mi ha fatto scrivere di lei, di come ha dovuto lottare contro il male, della corsa terribile che il destino aveva previsto. Le pagine risentono di questi spasmi, di questo anelito di arrivare in fondo alla corsa della vita. Per dare una rappresentazione a questo simbolismo è come un purosangue che corre, scavalca gli ostacoli e cerca attraverso un viaggio nell’arte, il potere salvifico per la sua anima.

Quali generi letterari ti appassionano di più?

Generi letterari che preferisco?

Amando guarda caso il leggere, potrei farti un lunghissimo elenco di scrittori. Da ragazza ovviamente i classici, per poi disertare verso Calvino, Chiara, Parise, Vittorini, e passare agli americani come Steinbeck, Pearl S. Buck, ecco sì, lei l’ho proprio amata. Ho letto quasi tutto.

Come si fa a dire chi preferisco?

Io preferisco leggere. Amo i poeti Keats e Shelley, Baudelaire, Foscolo con “I Sepolcri” che ricordo ancora a memoria, Ungaretti. Non solo poesie ovviamente, sono catturata da molti, Cassola, Pavese, Sartre, Silone, Shakespeare, ecc.  l’elenco è lunghissimo.

Un caso di abdaction. Purtroppo gli alieni ti hanno rapito. Hai tre minuti per parlare loro della nostra civiltà (o inciviltà … come preferisci).

Gli alieni non mi possono rapire: l’aliena sono io!    

      


Loro sanno già tutto di me. Ho con loro il Teletrasporto ogni giorno e più volte al giorno!  Perché dico questo, perché i terrestri provengono da una civiltà extra terrestre. Alcuni come me hanno retaggio mnemonico del passato e conservano poteri divinatori e ancestrali. Solo i prescelti hanno queste reminiscenze. Gli altri sono semplicemente cosiddetti umani.                                                              Ahahahahahahahah

Se avessi l’opportunità di viaggiare nel passato, dove andresti e perché? Inoltre ti chiedo quali oggetti del nostro tempo porteresti con te per dimostrare a chi di dovere che provieni dal futuro?

Non posso recarmi nel passato anche se ne avessi l’opportunità la declinerei. Davanti ho e vedo il futuro. Ecco quello sì, è un viaggio che apprezzerei. Ovviamente con me non porterei nulla, perché acquisterei tutto lì, per portare indietro l’evidenza del viaggio intrapreso con oggetti a noi inimmaginabili!  Ma con la sfiga che a volte ci portiamo in valigia senza saperlo, sicuramente arriverei fino al giorno del trapasso e questo non mi va di saperlo ora! Chiaro no? Ovviamente scherzo!



Che cosa vorresti far sapere ai tuoi lettori?

Ai lettori vorrei dire che leggere ne vale sempre la pena. Sia che il libro sia piaciuto o no. Questo perché è, e deve essere stimolo di confronto.

 


Grazie Germana! È stato un piacere averti ospite. Ti auguro il meglio come autrice e come “cittadina” del mondo che ama viaggiare.

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Grazie mille Elisa.

Sul suo URL 
https://www.elisaaverna.com/fogliliberi/interviste-agli-autori

potrete trovare molte altre interviste, se vi va, date un’occhiata.

 

 

 

 


lunedì 22 luglio 2024

Senza schemi, senza problemi.


Senza schemi, senza problemi.

 





Senza schemi, senza problemi. È così che mi piace vivermi la vacanza!

Finalmente l’ho trascorsa. La mia amica “sempreinviaggio” mi ha condotta ad un concerto in Atene a sorpresa. Allora vuoi che non ce la prendiamo un po’ comoda? Innanzitutto visto che da noi diluvia ininterrottamente da due mesi ormai, mettere la pelle al sole per tre giorni è un buon inizio. Quindi arriviamo al Pireo, per intenderci al porto di Atene e ci imbarchiamo per Egina, 

una delle svariate isole vicino alla capitale. Piccola cittadina, piena di moto e motorini per non dimenticare auto più autobus e carrozzelle per turisti dentro strette strade. Ma ci sta! Si sa che tutti vogliono stare fuori città nei fine settima. 


Egina è anche colma di negozi che sanno ben catturare l’attenzione dei compratori; inoltre è famosa perché crescono gli alberi di pistacchi.


Quindi vuoi non riempire la borsa della spesa con qualche confezione? Salati sono verdi, non salati sono rosa! C’è sempre da imparare. Qui potresti portarti a casa di tutto e di più, devi far attenzione a non farti spellare come un pollo dagli ambulanti che ti vendono frutta, che ti accolgono con un “Alleluia”, e poi ti alleggeriscono facendoti pagare mele, albicocca, pesche e ciliegie come fossero lingotti d’oro!

Lezione appresa. La frutta si compra nei negozi, d’ora in poi! Ma siccome il mare è con poca spiaggia, si va nell’isola incantata, ovvero a Moni.

È una riserva naturale, dove in modo contingentato arrivano i turisti. Qui tranne i lettini sdraio, il piccolo bar, tutto rigorosamente in legno, non ci sono costruzioni, e ci si sente un po’ Robinson. Peccato per la musica trasmessa che ti ricorda che non sei stata dimenticata dalla civiltà delle connessioni.

 


L’isola è comunque incantata, perché al tuo arrivo, appena scendi dal battello sei accolta dalle grida dei pavoni, meravigliose creature. E poi scendono dalla radura i bambi che ti seguono fino alle sdraio e restano a farti compagnia fino a che non arriva il battello seguente.








Dopo tre giorni in questo piccolo paradiso è ora di raggiungere la bianca Atene. La ricordavo meno caotica. In questi giorni di fine maggio è già una città bollente.

Abbiamo dovuto modificare le mete da visitare perché il caldo è opprimente e stare in coda sotto il sole per ore, per visitare i siti archeologici non fa purtroppo per noi. Approfittando di questo contrattempo, in un battibaleno cambiamo itinerario, e fuori dal coro, percorriamo luoghi in ombra cercando di vedere molto. 



Le chiese offrono la loro ricchezza in opere, in luoghi rinfrescanti e silenziosi. D’estate sono una benedizione per i turisti. Era un escamotage che avevo già messo in opera in gioventù quando in quindici giorni ho visitato tutte le chiese e basiliche di Roma, eccetto Domine Quo Vadis. Memore della ricerca dei luoghi ombrosi, qui con la mia amica "sempreinviaggio" abbiamo seguito il modello Roma.


Luoghi di culto, dove ho nuovamente assistito alla preghiera di molti credenti. Cosa divenuta rara da noi. Qui invece anche giovani si fermano davanti alle icone dei Vescovi con genuflessioni a profusione. La devozione è tangibile. Mi ha colpito anche il fatto che lateralmente agli ingressi vicino alle candele da offrire, c’è pane e acqua, per chi ha fame e sete. E a proposito di fame, devo raccontarvi dei ristoranti. Sempre pieni dalle 11 di mattina fino a notte fonda. Ma più che dei ristoranti al plurale, voglio dirvi di uno in particolare: di quello che è diventato il “nostro” ristorante. Perché? Perché abbiamo saputo che era frequentato soprattutto da ateniesi, quindi era già di per sé un posto da scegliere perché rinomato. Situato nel quartiere: “La Placa”, centro storico della città, devi attendere il tuo turno per avere il tuo tavolo, ma ne vale la pena. Innanzitutto sei all’ombra, sei al fresco perché è in una strada in salita, dove la corrente d’aria è ininterrotta. È un dato da tenere in considerazione quando ci sono già 30 gradi. Poi quando ti siedi ti portano subito una bottiglia d’acqua fresca e due bicchieri e quando ti sei dissetato, scegli cosa mangiare. C’è solo l’imbarazzo della scelta. 





Sbirci i piatti arrivati al tavolo vicino e decidi che anche a te piacerebbe gustare lo stesso. Sarà sciocco ma ho sempre scelto lo stesso menù: spiedino di carne con insalata. Semplice e leggero. Il tempo dell’attesa è anche piacevole perché si ha l’occasione di vedere il passeggio di turisti e autoctoni ininterrottamente, visto che i tavoli sono disposti a siepe lasciando libero un corridoio centrale. E se dietro di te lo spettacolo manca puoi dare uno sguardo a chi passa in strada e scende dai taxi per raggiungere gli hotel che si trovano nei pressi. Ma ora è il momento di mangiare quindi… relax. Godetevi il pranzo, la genuinità del cibo preparato al momento a ogni comanda. Alla gentilezza dei camerieri e alla loro premura, accompagnata sempre dal sorriso. È per questo che se capitate in Atene, ricordatevi assolutamente di venire qui a mangiare.

È il “59 The Traditional”.

Questo articolo lo invio come promesso al sig. George, non perché gli occorre pubblicità, ma semplicemente per ringraziare per la loro disponibilità e accoglienza. E il signore in questione non è il titolare, bensì il motore del buonumore, del sorriso, della generosità verso gli altri. A lui va il nostro grazie per averci trattato come principesse.

Tutto il mondo è qui. Senti e vedi gente di ogni dove. Anche noi alloggiamo in centro, all’ultimo piano, dove dal terrazzo abbiamo il Partenone di fronte alla camera.

Impossibile godercelo purtroppo! Per la grande calura, possiamo stare solo qualche minuto al mattino o la sera tardi, ma se ritorneremo qui, verremo in un mese freddo e il Partenone sarà tutto per noi, tutto il giorno!

Da Atene è tutto, alla prossima!

30 Maggio 2024